Il 1° luglio 2020 è stata pubblicata la UNI/PdR 87:2020, una “Prassi di Riferimento” che potrebbe far chiarezza sul difficile ed a volte nebuloso servizio di RSPP interno ed esterno a volte erogato da professionisti specializzati e no. La prassi si propone di fornire elementi utili al datore di lavoro e, in generale, a tutti i soggetti coinvolti nell’organizzazione e gestione della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, per esplicitare le attività tipiche che sono necessarie e dovrebbero essere svolte nell’ambito del servizio di prevenzione e protezione così come previsto dall’art. 33 del D.Lgs. 81/2008. Il testo è suddiviso in 2 parti: nella prima parte vengono individuate le aree di intervento, le attività tipiche e i compiti relativi al SPP, nella seconda partetali attività vengono organizzate adottando un approccio strutturato per processi che permette di sistematizzarle dal punto di vista concettuale, metodologico e operativo. Il metodo utilizzato per organizzare le attività tipiche dell’RSPP è il ciclo di Deming (PDCA) nelle cui fasi sequenziali sono stati identificati e collocati sei processi fondamentali che raggruppano le attività tipiche:

Plan

  1. Analisi e verifica del contesto organizzativo, dei requisiti legislativi e della documentazione;
  2. Pianificazione;

Do

  • Attuazione, controlli operativi e verifiche (trattamento del rischio);
  • Gestione delle procedure organizzative e degli istituti relazionali;

Check

  • Riesami e valutazioni prestazionali;

Act

  • Miglioramento continuo.

Questo approccio, nell’intenzione della prassi, è di proporre senza finalità di esaustività, ciò che va fatto e in che sequenza. La prassi di spinge ad associare una stima orientativa del tempo necessario a organizzare e svolgere le attività del Servizio di Prevenzione e Protezione. Questo mezzo risulta essere utile a molti livelli e a diverse funzioni: per il professionista rappresenta “una rotta” da seguire per adempiere con metodo a tutti i suoi obblighi ma contemporaneamente al datore di lavoro permette di monitorare le attività del suo RSPP oppure di valutare le diverse offerte che i professionisti interpellati possono presentare. In questa ultima ipotesi di utilizzo, la prassi introduce per la prima volta a livello normativo un parametro di impegno per evadere tutte queste attività. Non è l’unica fonte, altre associazioni hanno prodotto delle valutazioni con lo stesso intento ma in questo caso è un riferimento “istituzionale” con grande rilevanza. Il metodo utilizzato per ipotizzare l’impegno espresso in giornate uomo annue prende in considerazione la “dimensione” dell’azienda (Micro ≤ 10 occupati; Piccola 10 < occupati ≤ 50; Media 50 < occupati ≤ 200; Medio Grande 200 < occupati ≤ 1000; Grande occupati > 1000) e il suo livello di rischio secondo la classificazione (alto, medio, basso) mediante codice ATECO già utilizzato per gli Accordi Stato Regione a partire dal 21/12/2011. Valutando quindi la dimensione aziendale e il suo livello di rischio, la prassi propone un livello di impegno che identifica mediante una codifica alfabetica da A a D e che viene attribuita secondo lo schema seguente:

L’impegno minimo proposto di giornate uomo annue è il seguente:

− Livello A: indica un impegno minimo annuo non inferiore a 10 gg-uomo;

− Livello B: indica un impegno minimo annuo non inferiore a 50 gg-uomo;

− Livello C: indica un impegno minimo annuo non inferiore a 100 gg-uomo;

− Livello D: indica un impegno continuativo nell’organizzazione aziendale.

Tutto ciò costituisce un indirizzo senza nessuna pretesa di vincolo ma indubbiamente è una base di partenza per aiutare, verificare e quantificare ciò che dovrebbe fare un RSPP. Vedremo se questa prassi verrà evoluta in norma UNI o ritirata, personalmente ritengo che ad oggi costituisca un riferimento importante su cui ragionare e far ragionare.